Canivet seriali del XVIII secolo

Quando si parla dei Canivets manufatti del XVIII si parla di una delle massime aspirazioni che un collezionista può desiderare, la presenza di uno o più esemplari può dare dignità e valore ad una collezione.

Sono passati ormai quasi più di 10 anni da quando ho iniziato quest’avventura e se prima ero entusiasta dei miei fustellati.. adesso lo sono dei miei Canivets manufatti e dei miei “merlettati”. Oggi ho raggiunto il traguardo del 40° Canivet manufatto e se per un collezionista è una ragguardevole cifra, questo non vuol dire molto….. quantità o qualità? Ovviamente io sono per quest’ultima.

I caro e buon vecchio Adolf Spamer nel suo preziosissimo libro “Das Kleine Andachtsbild vom XIV bis zum XX Jahrhundert” ovvero la “Bibbia del filiconico” fa una distinzione tra i vari canivet prodotti dalla fine del XVII a tutto ed oltre il XVIII secolo. Lo Spamer fa un distinguo tra quelli creati da mano abili ed artistiche e quelli creato dalle semplici e devote mani di suore, monaci o fanciulle nei conventi. La distinzione è comunque palese anche ad un occhio meno esperto, sia per la qualità degli intagli che per la fattura artistica dell’icona protagonista del pezzo.

Ma a parte tutte le classificazioni e le distinzioni che lo Spamer da nel suo libro, la cosa fondamentale è una ed una sola…… Il Canivet è interamente fatto a mano, dalla pittura alla intagliatura, si tratta di un esemplare unico!

Vi presento due pezzi che dei canivets presenta un’ulteriore aspetto, ovvero la serialità! Questo potrebbe sminuire il valore di un canivet, poiché potrebbe far perdere il fascino del pezzo unico, ma non è così, si tratta comunque di un esemplare fatto interamente da mano umana, e questa, anche se abilissima non potrà certamente ottenere il risultato di una produzione meccanica.

I due esemplari che vi presento sono due canivets manufatti “seriali”. E’ indubbia la loro provenienza conventuale, il loro valore artistico non è certo degno degli splendidi canivet che i musei o alcune collezioni private vantano di possedere. L’anno e l’area di produzione si può collocare nell’area franco-italiana nella seconda metà del XVIII secolo.

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Mater Dei – Canivet manufatto su carta. Area franco-italiana, XVIII secolo. Coll. Gianluca Lo Cicero

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S. Joanne Nepo – Canivet manufatto su carta. Area franco-italiana, XVIII secolo. Coll. Gianluca Lo Cicero

I soggetti raffigurati sono Maria “Mater Dei” e S.Giovanni Nepomuceno “S. Joannes Nepo”.

I canivets sono di grandi dimensioni (19,5 x27cm) ed ovviamente destinati ad essere contenuti in due capezzali o comunque incorniciati. Gli ovali con le artistiche immagini sono bordate con un filo in oro e quindi circondate da una fitta intelaiatura puntinata ad ago in cui spiccano motivi floreali e volute incise in larghezza in stile rococò. Entrambi hanno lo stesso cartiglio al di sotto dell’ovale riproducente  una fiamma concentrica schiacciata nei poli, mentre nel lato opposto, in alto vi è riprodotto Il trigramma “JHS” o “IHS” in forma stilizzata e poco chiara in quanto potrebbe benissimo essere la versione greca, ovvero “ΙΗΣ”. Il tutto è incorniciato da una cornice scudettata a mezzaluna ed al di fuori della cornice, in corrispondenza dei  quattro angoli esterni del foglio una coppia di fiori.

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Particolare del TrigrammaLe tre lettere possono essere JHS, il nome di Gesù Cristo in greco o il latino IHS, ovvero Iesus Hominum Salvator (Gesù Salvatore degli Uomini) o In Hoc Signo “Vinces” (Con questo segno vincerai)), il motto che Costantino il grande utilizzo come motto nella vittoria contro Massenzio.

Questi due esemplari sono interessanti perché ci suggeriscono anche una metodologia di preparazione, ovvero l’utilizzo di una mascherina che come uno stencil crea delle linee guida per la creazione degli intagli, tecnica comunque usata sovente nella creazione dei Canivets.

Lo stato di conservazione purtroppo non è dei migliori, infatti in entrambi sono visibili strappi della carta e deterioramenti dei supporti cartacei e della colorazione a tempera delle icone, ma comunque rimangono un’interessante documento della produzione conventuale del XVIII secolo.

Gianluca Lo Cicero

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La Maison Basset

In ogni campo del collezionismo esistono sempre dei pezzi che si possono considerare il top, il pezzo che rende importante una collezione, per i curiosi o coloro che si avvicinano alla filiconia possiamo fare il paragone con la ben più famosa e ricca di “adepti” filatelia (francobolli ndr)… in questo caso esistono i pezzi introvabili e ricercatissimi dai filatelici di tutto il mondo. Per citarne qualcuno….. il famoso Gronchi rosa in Italia o i preziosissimi del mondo che arrivano anche a sfiorare il milione di euro, come il “One Cent” magenta di Guyana del 1856 di cui esiste un solo esemplare o l’americano “Z Grill” battuto all’asta per la cifra astronomica di 3.000.000 di euro.

    La filiconia non è arrivata (per fortuna) ad avere queste cifre di battitura d’asta ma ci sono degli esemplari che sono ricercatissimi dai filiconici di tutto il mondo. Per coloro che, come me, collezionano i canivet meccanici del XIX secolo, senza dubbio la Maison Basset è la casa editrice che più di ogni altra ha prodotto pezzi di notevole spessore artistico e grazie anche alla limitata tiratura dei suoi esemplari è diventata anche la più ricercata.

   La Maison Basset fu una delle case editrici più famose e già all’epoca ricercate di Parigi. Fu fondata verso la fine del secolo XVIII e fino alla nascita della punzonatura meccanica dei primo ventennio del XIX secolo produsse incisioni ed editò libri. Dal 3° decennio del XIX secolo iniziò a produrre i santini su fondo trinato a punzone. La Maison Basset rimase attiva fino al 1865, anno in cui fu assorbita dalla Bouasse-Lebel che ne ereditò i cliché e ne ristampò molti dei santini.

L’ULTIMA CENA

    Tra i desideri dei filiconici vi è senza dubbio il pezzo più famoso della casa editrice parigina, ovvero l’Ultima Cena.

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Hoc Est Enim Corpus Meum – Siderografia su fondo trinato a punzone. Maison Basset, Parigi, metà del XIX secolo. Coll. Gianluca Lo Cicero

    Lo spettacolare pezzo edito dalla Maison Basset intorno al 1854 ( o 1856?) rappresenta la famosa pagina evangelica del cenacolo del giovedì santo in cui Gesù istituisce il sacramento della comunione.

    L’iconografia utilizzata per rappresentare la scena è ispirata al celebre “Cenacolo” capolavoro assoluto di Leonardo Da Vinci, genio del Rinascimento e probabilmente di tutta la storia dell’umanità, affrescato nel 1494 presso il refettorio del convento della chiesa di Maria SS. Delle Grazie a Milano.

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Cenacolo (Leonardo da Vinci) – 1494 Chiesa S.Maria delle Grazie. Milano

    L’ultima cena è una Siderografia su fondo trinato meccanicamente a punzone, si presenta come un trittico di grandi dimensioni (20,8×12 cm) in cui al centro per l’intera lunghezza vi è impressa l’immagine mentre la trinatura prosegue l’iconografia riproducendo lo sfondo della camera in cui si svolge la scena, arricchito da simboli eucaristici e sacri in generale, Calice, Ostia, grappoli d’uva, spighe di grano, croci… etc. In basso un lungo cartiglio che si dispiega per tutta la lunghezza del tavolo recita “Hoc est enim Corpus meum” , ovvero “Questo è il mio corpo”.

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Hoc Est Enim Corpus Meum – Particolare sulla sommità degli fondi trinati delle ante laterali con la Croce.

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Hoc Est Enim Corpus Meum – Particolare sulla sommità dello sfondo trinato centrale con il Calice, spighe ed uva.

    Il recto del canivet meccanico reca impressa, in lingua francese, la descrizione meditata evangelica dell’Ultima Cena ed in corsivo… in corrispondenza dell’immagine centrale di Gesù Cristo, una preghiera.

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Hoc Est Enim Corpus Meum (Maison Basset) – Recto

 

    Elemento importante è la “firma editoriale” della casa Editrice che specificando la via in cui questa si trovava nel momento della produzione, fornisce un fondamentale elemento per la datazione. Infatti essa riporta quanto segue, “Paris, Maison Basset,  33, Rue de Seine”, questo colloca il nostro canivet nel periodo del primo trasferimento della casa editrice. Infatti se fino al 1849 la Basset si trovata al 69 di Rue de S.Jacques, dal 1849 al 1860 (?) essa si trovava in Rue de Seine, per poi trasferirsi definitivamente in Rue de S.Sulpicie fino al 1865, quando fu assorbita dalla Maison Bouasse-Lebel.

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Hoc Est Enim Corpus Meum – particolare della firma della casa editrice Maison Basset

    Sicuramente oltre all’aspetto storico, esteticamente, l’Ultima Cena della Maison Basset è uno spettacolo per gli occhi, la qualità artistica dell’incisione siderografica e la minuziosità dei particolari trinati ne fanno un piccolo capolavoro che, per certi versi, fanno dimenticare che comunque si tratta di una produzione meccanica.

    La Bouasse-Lebel dopo l’acquisizione della Basset, rieditò e riprodusse molti dei cliché, immettendo ovviamente la propria firma, tra questi vi è anche l’Ultima Cena. Come valore di mercato ovviamente questa della Basset è di gran lunga più quotata, (sia per l’antichità che per la quantità di esemplari di gran lunga inferiore a quella della Bouasse-Lebel) raggiungendo nei siti d’asta anche il valore di 300/350 euro, mentre l’esemplare della Bouasse-Lebel non va oltre i 200 euro.

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Ultima Cena – Siderografia su fondo trinato a punzone. Ed. Bouasse-Lebel, Parigi, seconda metà del XIX secolo.

L’ADORAZIONE DEI PASTORI E DEI MAGI

    Altro esemplare molto ricercato della Maison Basset è” L’Adorazione dei pastori e dei Magi”. Anche questo canivet, come nel caso dell’Ultima Cena, è di maggiori dimensioni rispetto alle misure standard di grandezza di un santino (16 x 10,8 cm), ma anche in questo caso trattasi di un trittico pieghevole.

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Gloria in excelsis Deo – Siderografia su fondo trinato a punzone. Ed. Maison Basset, Parigi metà del XIX secolo. Coll. Gianluca Lo Cicero

    Al centro del trittico vi è impressa l’immagine di Gesù bambino sulla mangiatoia con in alto due angeli che reggono un drappo spiegato con le prime parole dell’inno “Gloria in Excelsis Deo” ed in basso l’Agnello  con la corona di spine adagiato sulla croce, croce retta con la mano sinistra dal Bambin Gesù, simboli della vittima pasquale salvifica. Ai lati della figura centrale, occupanti le ante del trittico vi sono: a destra l’Adorazione dei tre Re Magi, e a sinistra l’Adorazione dei Pastori (che per equilibrare l’immagine sono anch’essi in un numero di tre). Anche in questo caso la merlettatura fa da sfondo alle scene rappresentate. Se al centro la trinatura forma una raggiera che parte dalla tipica aureola della santità, gli altri sfondi danno una caratterizzazione dei personaggi ivi presenti. Nell’Adorazione dei pastori sono presenti elementi ben definiti e caratterizzanti i luoghi, una capanna, e la vegetazione tipica del luogo, una palma e un albero di pino mediterraneo, mentre per sottolineare la provenienza da paesi orientali non specifici, la vegetazione è mista e non ben definita.Infine, in alto verso l’esterno, in posizione speculare tra le due immagini estreme vi sono i simboli della comunicazione divina, l’angelo per i pastori e la stella cometa per i Magi.

    Interessante è la dicitura in basso sotto l’agnello “Imp Vve Goguet, r. de Seine, 20” ovvero il nome dello stampatore e dove è effettivamente stato stampato il santino.

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Gloria in excelsis Deo – Particolare in basso al centro con la “firma” dell’Imprimeur.

   Il recto, come per la precedente Ultima Cena, ha le diverse preghiere Gesù bambino, Pastori e Magi in corrispondenza del verso. Le preghiere sono in lingua francese e, come per tutte le produzioni della Maison Basset, reca impressa il nome della casa produttrice e la via, che essendo la Rue de Seine, colloca la produzione dopo il 1849 ed antecedente al 1860.

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Gloria in excelsis Deo – Recto

IL CARRO TRIONFALE DEL FANCIULLO GESU’

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Gesù sul carro trionfale – Siderografia su fondo trinato a punzone. Ed. Maison Basset, Parigi, metà del XIX secolo. Coll. Gianluca Lo Cicero

   Di rara bellezza è il canivet meccanico raffigurante il corteo angelico con il carro trionfale su cui siede Gesù fanciullo che elargisce corone di virtù e grazie. Le misure del santino sono particolarissime e inusuali nella produzione europea dei santini, fin dalla loro nascita, esso infatti misura 23 x 7,4 cm venendo ripiegato su se stesso a “fisarmonica” a quadrupla anta. L’immagine è molto chiara ed esaustiva, su tutto lo spiegarsi del canivet, un corteo angelico con i vari simboli della passione precede un carro trionfale, guidato da S. Giovannino Battista, riconoscibile dalla veste di pelle di agnello e dal bastone crociato con l’esclamazione dell“Ecce Agnus Dei”, su cui siede Gesù fanciullo che elargisce corone su cui sono scritte le varie virtù e grazie divine. Esaustivo il cartiglio posto sulla base dell’immagine “Pour mériter que l’Enfant Jésus nous donne ses couronnes, il faut, l’adorer, le prier, l’imiter”, ovvero, “Per meritare che il fanciullo Gesù ci doni le sue corone per adorarlo, pregarlo e imitarlo”. Lo sfondo è formato da una serie schierata di pannelli uguali. Il recto porta impressa una preghiera meditata in francese.

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Gesù sul carro trionfale – Recto

   Anche su questo canivet sono presenti il nome dello stampatore “Imp Vve Goguet, r. de Seine, 20” e la stessa “firma” della casa editrice, “Paris, Maison Basset, r. de Seine, 33” collocando anche questo canivet nella seconda fase della vita e della produzione, tra il 1849 e il 1860.

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LA RESTANTE PRODUZIONE DELLA MAISON BASSET

    La produzione dei santini “merlettati” della Maison Basset è varia e si distingue dal resto delle case editrici francesi, per la qualità delle sue incisioni e dei fondi trinati, di particolare bellezza e delicatezza.

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    Caratteristica della produzione è proprio specifica sull’uso del fondo trinato come continuazione dell’immagine impressa, il fondo non è solo una cornice che racchiude un racconto ma ne diventa parte integrante ed anzi in molti casi ne amplifica i contenuti.

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    Come per le altre case editrici, la Maison Basset si lascia sedurre dalla concorrenza  e arricchisce i suoi santini, oltre che per l’uso della colorazione anche per l’applicazione di lustrini.

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   Per visionare il resto della produzione della Maison Basset, vai sulla pagina della collezione o clicca qui.

Gianluca Lo Cicero

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Il Diavolo nei Santini!

Siamo sempre abituati a vedere nei santini le immagini dei nostri cari Santi protettori ma raramente ci soffermiamo sui particolari che compongono l’immagine e i personaggi che fanno da contorno. Uno di questo è il Diavolo. Il Diavolo nei Santini.

PREMESSA

Il Cristianesimo e la Chiesa cattolica è sempre stata consapevole dell’analfabetismo diffuso della popolazione, quindi fece abbondantemente uso delle immagini per indottrinarlo e catechizzarlo. Per molto tempo nelle immagini che lo raffiguravano (sia pittoree che scultoree) prevalse l’aspetto didattico ed ideologico piuttosto che quello estetico. Il diavolo e conseguentemente il suo carattere maligno e negativo furono rappresentati in modo da impressionare e spaventare i peccatori con la paura dei tormenti infernali.

La sua figura associata al Male, dall’Antico Testamento ai primi anni del cristianesimo viene quasi del tutto ignorata (ad eccezione del giudaismo popolare e la letteratura apocrifa), mentre nel medioevo il Diavolo divenne un personaggio importante ed essenziale in quanto ritenuto una figura in contrapposizione con l’Angelo Custode egualmente presente affiancato all’uomo.

Solo durante il confronto con il manicheismo, la chiesa cattolica si liberò da questa presenza dualista è considerò il Diavolo come una creatura di Dio e quindi sottomessa alla sua volontà e che viene sconfitto ed umiliato con la risurrezione di Gesù Cristo.

Nell’iconografia cristiana il Diavolo acquisisce importanza solo a partire dal XI secolo. Se nel IX secolo la sua figura è molto limitata nella sua raffigurazione malvagia, tra l’XI e il XII secolo esplode la sua presenza nell’iconografia assumendo caratteristiche mostruose ed animalesche a voler incutere la paura per il male e la punizione divina derivante dalla non accettazione della dottrina cristiana.

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Gli artisti che si apprestano a rappresentarlo si pongono sempre il problema su come rappresentarlo, dato che non conosciamo compiutamente la sua natura e si sceglie di ritrarlo attraverso la diversità e la varietà delle sue metamorfosi che la chiesa e la paura umana gli attribuisce.

Approfittando della debolezza dell’uomo, lo inganna assumendo l’aspetto di donna seducente e libidinosa, per ingannare un uomo di fede, assume addirittura le sembianze di un santo, anche se nell’immagine l’inganno viene denunciato in genere attraverso un dettaglio (presenza di zampe bestiali o di ali di pipistrello).

A partire dal XI secolo il diavolo appare anche completamente con le fattezze mostruose o di animale. Le rappresentazioni animalesche o mostruose erano eredi dell’immaginario medievale e quasi sempre richiamavano in qualche modo il serpente (l’ingannatore dei progenitori Adamo ed Eva) e il drago (Apocalisse su tutti ma anche in altri passi biblici e di tradizione cristiana), la scimmia, il leone, il caprone, il lupo, il gatto, il grifone, il centauro, i rettili.

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Dal IX secolo l’iconografia del diavolo si fondava più sull’aspetto umano (l’aspetto di un essere piccolo e deforme, oppure quello di un vecchio; oppure come un essere grande e grosso) per indottrinare i fedeli sulle astuzie del maligno; ma ovviamente la forma umana veniva contaminata associandone caratteri bestiali. Infatti la mostruosità viene frequentemente rappresentata attraverso l’ibridismo uomo-animale (ad esempio il satiro della mitologia greca).

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Le caratteristiche animali si concentrano perlopiù sulla testa (corna caprine, orecchie appuntite, muso di lupo, di cane, di leone o becco d’uccello) e sull’estremità delle membra (unghie, artigli o zoccoli), mentre il corpo è peloso o ricoperto di scaglie e provvisto di coda con estremità appuntita. Per rievocare la sua origine angelica il diavolo (nell’Alto medioevo) viene dotato di ali piumate, identiche a quelle degli angeli, mentre dal XII secolo, inizia ad essere raffigurato con ali di pipistrello.

Contrariamente agli angeli, il diavolo è generalmente rappresentato nudo (carattere negativo) e il loro atteggiamento espressivo è improntato sulla tensione, l’agitazione, l’aggressività; la postura curva e contorta che esprime lo sgraziato gesticolare; le forme appuntite delle corna e delle altre estremità (capelli, criniera ma anche denti e peli e il naso adunco, particolare, quest’ultimo, connesso allo stereotipo razziale degli ebrei al fine di demonizzarli) o le pieghe e le grinze, vengono contrapposte alle armoniose vesti degli Angeli e dei Santi.

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Particolare importanza riveste la bocca nell’immagine demoniaca; essa è generalmente spalancata e con la fuoriuscita della lingua a formare un ghigno animalesco; già dal XIII secolo la bocca veniva spesso raddoppiata con l’aggiunta di un secondo volto sul ventre. Questo particolare rappresentazione si presta a molteplici letture: ne intensifica la mostruosità, rende nota la deformità mediante lo spostamento della testa, sede dell’intelligenza, verso le parti impure del corpo, manifesta il trionfo del ‘basso corporeo’, caratteristica dell’universo diabolico.

L’uso del colore contribuisce a esprimere la natura del diavolo, anche se, in realtà, nessuna tinta in particolare lo rappresenta appieno. Senza dubbio le sfumature scure sono le principali caratteristiche del diavolo. Il nero, anche se rappresentante l’assoluta mancanza di luce è raramente utilizzato nel cromatismo demoniaco; vengono utilizzate altre tinte per accentuare la sua natura infima e l’appartenenza al mondo delle tenebre, viene usato il bruno, il blu scuro, il verde scuro e da qualsiasi altro colore scuro e saturo. Secondo lo schema galenico dei quattro elementi, il diavolo era costituito di aria scura e densa, in ovvia contrapposizione agli angeli che, composti di fuoco etereo, erano di colore rosso o bianco.
Solo nel tardo medioevo il colore rosso divenne diabolico, associato al sangue e alle fiamme infernali. Altre volte, ma meno frequente, troviamo il diavolo raffigurato anche in marrone o grigio pallido, il colore dei malati e dei morti.

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Riassumendo, l’iconografia del diavolo si evolve da una non-rappresentazione a una raffigurazione che sottolinea sempre più il carattere negativo, carattere che viene enfatizzato contrapponendolo al lato negativo di Dio, di Gesù Cristo, di Maria, degli angeli e dei santi, sempre in una posizione subordinata o comunque sconfitto.

 IL DIAVOLO NEI SANTINI

Nei santini moderni la sua raffigurazione è poco presente se non come minuscola presenza in alcune iconografie che lo ritraggono sconfitto ed umiliato: come serpente ai piedi dell’Immacolata concezione, come drago ucciso dai Santi, Domenica, Marta, Giorgio etc., come figura umana con ali di pipistrello mentre tenta S. Antonio.

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Come dicevamo nei primi secoli la sua figura nelle incisioni era molto presente e serviva ad enfatizzare il confronto tra il bene ed il male, e anche se quest’ultimo risulta sempre nel ruolo dell’eterno sconfitto, serve per indottrinare i fedeli sulla sua pericolosa presenza come tentatore ed ingannatore.

L’angelo caduto

Nei primi tre secoli dell’era cristiana veniva attribuita all’invidia ed alla lussuria, la caduta di Lucifero (o Stella del Mattino), mentre a partire dal IV secolo iniziò a divulgarsi la credenza che il principale motivo della cacciata dal paradiso era da attribuirsi solo alla superbia. Questa ipotesi si fonda essenzialmente su Isaia Isaia 14,12-14: “Come sei caduto dal cielo, o Lucifero che sorgevi al mattino? Sei rovinato sulla terra, tu che ferivi le genti? Tu che dicevi nel tuo cuore: darò la scalata al cielo, porrò alto il mio trono sopra gli astri di Dio… Salirò sull’alto delle nubi, sarò simile all’Altissimo”.

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In questa siderografia su fondo trinato a punzone edita dalla casa editrice parigina Dopter la figura di Lucifero è molto simile a quella di un angelo, e si diversifica in pochi dettagli, le corna taurine e le ali che sono in una fase intermedia tra quelle piumate di un corvo e quelle di un pipistrello, mentre il suo sguardo è truce e incattivito dalle catene che gli cingono i polsi.

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La sua ubicazione è fuori dall’immagine del paradiso da cui è cacciato da un altro angelo, le cui mani indicano i due opposti regni, la mano destra indica il trono di Dio che Lucifero ha volutamente sfidato mentre con l’altra viene indicato il luogo di sofferenza che la superbia ha fatto guadagnare in eterno.

L’angelo seduttore

Fin dal primo libro della Bibbia la figura di Lucifero si rivela per quel che è, un seduttore. E’ colui che convince Eva a mangiare e far mangiare ad Adamo il frutto proibito da Dio e conseguentemente caccia i progenitori dal giardino dell’Eden, condannando l’umanità al peccato.

Da allora il diavolo è il seduttore dell’umanità, che disprezza, poiché essa e tutta la creazione è il capolavoro di Dio, e su di essa si vendica tentando di traviarla per rivoltarla contro il suo stesso creatore. Per sedurre l’umanità si serve delle sue debolezze, la lussuria, la ricchezza, il potere, con cui tenta e lusinga.

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In questa siderografia su fondo trinato a punzone, edita dalla casa parigina Durand, il diavolo è raffigurato mentre tenta di sedurre una figura femminile che può essere identificata in Maria, madre di Gesù (il serpente calpestato è una delle raffigurazioni iconiche più classiche che rimanda al passo della genesi 3,15 “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”).

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Il diavolo è insidioso e il suo stare a contatto con il corpo di Maria è indice di insistenza nel voler a tutti i costi profanare il corpo e l’anima della creazione divina. Con la mano sinistra offre dei monili d’oro che simboleggiano la ricchezza e il potere ad essa conseguenziale, mentre con la mano destra cerca di distogliere lo sguardo dalla Croce, indicando la parte opposta del cielo. Ma la Vergine Maria non si lascia sedurre da Lucifero, anzi con il volto sereno della fede continua a guardare verso la Croce.

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Anche la natura è diversificata, sul lato sinistro che va verso Dio, la natura è rigogliosa ed illuminata dai raggi che partono dalla Croce in alto, mentre nella parte opposta che precede il diavolo e da esso indicata è una natura sterile ed arsa dalle fiamme infernali che lambiscono il terreno. Chiarificatrice la frase didascalica “Que ta vue me donne la force de combattre les ennemis attachès à ma perte” ovvero “Che la tua vista mi dia la forza di combattere il nemico legato alla mia sconfitta”.

Gianluca Lo Cicero

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